— Aiutaci, ospitaci per un po’, — la madre e la sorella erano in piedi sulla soglia dell’appartamento con la testa china.

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Valeria chiuse gli occhi e inspirò lentamente, cercando di placare la tempesta che le ribolliva dentro. Nel petto le pareva di avere un mare in conflitto: si mescolavano pietà per i suoi, rancore verso la madre, un profondo disincanto per il proprio futuro e l’amara stanchezza di continue rinunce prese non per sé stessa.

Ad ogni respiro, nella sua mente riaffiorava quel lontano colloquio telefonico – rimasto impresso nella memoria come un film impossibile da fermare.

— Valeria, perdonami, tesoro… non ho nessun’altra via d’uscita… dovrò chiederti di nuovo aiuto, — la voce di sua madre tremava, si spezzava, come se avesse pianto per ore prima di parlare, ormai esausta di forza.

Dopo quella telefonata, Valeria li aveva attesi nell’appartamento in affitto che aveva trovato. Sapeva che sarebbe stato un altro motivo per svuotare i risparmi faticosamente accumulati. Eppure, anche consapevole del sacrificio, non poteva rifiutare: una madre resta sempre madre.

Quando Irina Michajlovna entrò, il volto era livido, i capelli arruffati, lo sguardo smarrito. Accanto a lei, stretta alla madre, c’era Julia – la sorellastra per parte di patrigno, ma sangue del suo sangue, nome della stessa infanzia. Solo che adesso il viso della bambina appariva più segnato del solito: le labbra appena livide, i gesti fiacchi, il respiro irregolare.

Valeria ascoltava le singhiozzate di sua madre che, a stento, componeva una richiesta fatta di frammenti: Julia è gravemente malata. Serve un intervento, farmaci costosissimi, riabilitazione. E i soldi non ci sono. Nemmeno Vasili, il patrigno una volta “stabile”, poteva aiutarle: tutto era andato in pezzi.

L’unica via d’uscita era vendere l’ultima proprietà rimasta: la stanza in comproprietà nell’appartamento condominiale che Irina Michajlovna aveva ereditato dalla nonna. Ma non c’era tempo: le scadenze ser ravano come morsi di tenaglia. Servivano subito i soldi.

— Figlia, so che stai risparmiando per il tuo appartamento… ma non abbiamo altri appigli… — il tono tremava di colpa e paura. — Io sono sommersa dai debiti… Non voglio perdere la mia bambina. Non posso.

Valeria voleva dire «no». Voleva spiegare che anche lei stava costruendo il proprio futuro, che un mutuo, la propria indipendenza non erano un sogno ma un traguardo perseguito da anni. Ma poi vide Julia: quella fragilità, quel timore negli occhi, e capì che se avesse negato, chi le avrebbe aiutato?

— Di quale cifra stiamo parlando? — chiese infine.

— All’incirca un milione e trecentomila rubli. Abbiamo raccolto duecentomila… mancano ancora circa un milione e centomila, — Irina parlava a bassa voce, quasi in imbarazzo. — Non l’avrei chiesto se non fosse stato per l’estrema necessità…

— Va bene, — acconsentì Valeria dopo una pausa. — Ma c’è una condizione: quella stanza diventa di mia proprietà. Dopo l’intervento, potrete viverci o affittarla, come preferite. Ma formalmente sarà un mio bene.

— Accetto, — rispose in fretta la madre. — Domani sistemiamo tutto dal notaio.

Il giorno dopo si recarono davvero dal notaio. Valeria consegnò a sua madre un milione di rubli – i risparmi di una vita, frutto di straordinari, di rinunce, di sogni accantonati. Erano i suoi progetti, distrutti in un istante, ma non poteva fare altrimenti per salvare Julia.

L’operazione andò a buon fine. Nei mesi seguenti, la ragazza riprese colore, tornando a sorridere e guardare il mondo con nuova vivacità. Valeria, per rimediare al sacrificio dei suoi risparmi, vendette la stanza in dormitorio e chiese un prestito per comprare un monolocale: così ottenne un suo piccolo angolo, pur indebitata per anni.

Sembrava che tutto fosse risolto: la madre grata, la sorella guarita, Valeria pronta a ripartire. Ma il destino riservava nuove prove.

Dopo un paio d’anni, Irina Michajlovna e Julia tornarono sulla soglia del suo appartamento. Questa volta, la tragedia era più dolorosa: il patrigno aveva perso il lavoro, scivolando nell’alcol, scatenando litigate e scacciandole di casa. Madre e figlia, di nuovo, si trovarono senza un tetto.

— Lera, tesoro, aiutaci… siamo a pezzi… Viviamo qui con voi, solo per un po’, — supplicò la madre, mentre Valeria avvertiva un nodo nello stomaco. L’idea di condividere nuovamente il suo spazio la spingeva al limite. Eppure, non poteva rifiutare: come mandarle in strada?

Cominciò così una nuova fase di convivenza sotto lo stesso tetto, dove ogni passo era sotto osservazione e ogni sospetto motivo di lite. Valeria si sentiva stritolata tra il dovere di famiglia e il desiderio di costruire la propria vita, di amare in armonia.

Il suo fidanzato, Kirill, cominciò a farle capire che non vedeva un futuro nella loro relazione finché lei fosse immersa nei problemi altrui, incapace di pensare a sé stessa.

Una notte, stremata, Valeria affrontò la madre. Si sedettero in cucina, alla luce soffusa di una lampada, mentre tutti dormivano.

— Mamma… come andrà avanti? — chiese con voce rotta, massaggiandosi le tempie dal peso della stanchezza.

— Cosa intendi? — Irina Michajlovna si irrigidì, nervosa, le mani nascoste sotto un canovaccio.

— Questa situazione. Sono due mesi che vivete qui e nulla cambia. Tu non puoi tornare da Vasili – lo so – ma stare da me non può essere per sempre.

La madre tacque, fissando il tavolo con sguardo incapace di reagire.

— Non posso continuare così, — proseguì Valeria con fermezza gentile. — Anch’io ho il diritto a una vita, a una famiglia, a uno spazio tutto mio. Kirill parla già di lasciarmi se non risolviamo questo. Capisci che non posso sacrificarmi sempre?

Julia, appoggiata al muro, ascoltava silenziosa: le lacrime rigavano il suo viso giovane, ma non osava piangere.

— Dove dovremmo andare, allora? — chiese Irina Michajlovna, la voce spezzata. — Non abbiamo soldi, né lavoro… Non possiamo tornare da Vasili.

— E neanche restare da me, — ripeté Valeria. — Ho comprato questo appartamento per non dipendere da nessuno. Ora è il contrario.

— Scusa se ti soffochiamo, — bisbigliò la madre, asciugandosi le lacrime. — Non sapevo cosa fare… Non immaginavo che Vasili ci avrebbe cacciate…

Valeria alzò gli occhi al cielo e sospirò con stanchezza. Non era rabbia, solo esaurimento. La responsabilità le pesava come un macigno.

La svolta arrivò inaspettata durante una passeggiata in città: Valeria incontrò la sua amica di scuola Oksana, che faceva la consulente immobiliare. Oksana le parlò di un modesto monolocale vicino alla scuola di Julia, a un prezzo ragionevole.

Tornata a casa, Valeria espose l’idea:

— Potremmo affittare quell’appartamento. Sarà una soluzione temporanea, ma ognuna avrà il proprio spazio.

— È un’ottima idea, — accettò Irina Michajlovna. — Ma non abbiamo i soldi per l’affitto.

— Non preoccupatevi — garantì Valeria — posso pagare la metà. È solo un aiuto momentaneo, ma vi darà un punto di partenza.

Il giorno dopo madre e figlia si trasferirono nel piccolo, ma accogliente appartamento. Sebbene umile, fu il loro primo passo verso l’autonomia. Irina trovò un lavoro serale come addetta alle pulizie in un ufficio, mentre Valeria le raggiungeva spesso per portare generi di prima necessità, vestiti e sostegno morale.

Sei mesi dopo, una notte Julia si svegliò con una forte tosse. La febbre salì in fretta e fu necessario correre in ospedale: la diagnosi fu polmonite. Irina Michajlovna corse tra i corridoi in preda al panico, ma Valeria arrivò in tempo a saldare prestazioni e farmaci.

— Come faremo dopo? — piangeva la madre. — Adesso ti devo anche questo… Restituirò tutto, farò la terza occupazione!

— Mamma, stai calma, — la rassicurò Valeria con un sorriso dolce. — Non devi restituire nulla. L’importante è la salute di Julia. A proposito… Kirill mi ha chiesto di sposarlo. Presto ci sposeremo.

Irina Michajlovna spalancò gli occhi, colta alla sprovvista, poi un’emozione sincera le illuminò il volto.

— Oh, Lerochka… quanto sono felice per te! Meriti questa felicità…

Il matrimonio fu intimo e caloroso: pochi invitati, ma carichi d’affetto e genuino entusiasmo. Fu lì che Irina Michajlovna conobbe Viktor Nikolaevič, un uomo maturo e di buon cuore, che si innamorò sinceramente di lei e di Julia.

Propose loro di trasferirsi nella sua ampia casa in campagna, dove avrebbero avuto ognuna il proprio spazio e, soprattutto, stabilità e amore.

Così, dopo anni di sofferenze, errori e sacrifici, la vita di Irina Michajlovna, di Julia e persino di Valeria cominciò finalmente a volgere al meglio. Forse sono proprio le prove più dure a insegnarci il vero valore dell’amore, della famiglia e del sostegno reciproco.

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